Macché traditore…

Stavolta non sono d’accordo con Aldo Grasso che dalle colonne del Corriere ha  accusato Mourinho di aver “tradito” l’Inter per abbracciare il Real.

Secondo me Mourinho ha fatto benissimo per vari motivi:

1) Se ne è andato all’apice dei risultati possibili: di più non avrebbe potuto fare per l’Inter. Se anche fosse riuscito l’anno prossimo a replicare la tripletta la cosa non avrebbe avuto lo stesso significato, lo stesso valore: sarebbe stato un risultato quasi “preteso” da questa macchina infernale del calcio (e non solo) che vuole tutti vincenti, e se per caso qualche volta arrivi “solo” secondo sei considerato un brocco (chiedere conferma ad Ancellotti per le sue pene al Milan).

2) E’ andato a Madrid per sfidare se stesso: se riuscirà a risollevare il Real plasmandolo a sua immagine e ricostruendo la gloriosa squadra nella motivazione più che nella tecnica avrà la conferma (e la fornirà al mondo intero) di essere davvero un Grandissimo.

3) Ha rovesciato lo schema che vede gli allenatori di calcio in balìa del capriccio di un presidente, pronto a cacciarli via se ottengono appena un po’ meno dei risultati attesi. Adesso è lui, l’allenatore, che si può permettere il lusso di salutare il presidente Moratti, ma lo fa con grande stile, facendolo piangere di gioia nel dedicare a lui il trofeo che l’Inter inseguiva da decenni e facendosi da subito rimpiangere.

Si dice: e dove la mettiamo la delusione dei tifosi interisti? I tifosi sono solo folle, e come tutte le folle sono pronte ad acclamarti quando vinci e a contestarti al primo passo falso. Avrebbero fatto lo stesso, inevitabilmente, con Mou, e ora pretenderanno inevitabilmente tutto e subito dal suo successore. Se questi continuerà a vincere dimenticheranno Mourinho in un baleno… No, neanche io avrei avuto alcuno scrupolo…

Addio, Mou, intelligente e scaltro conoscitore dell’animo umano… Vai a sfidare te stesso e questo mondo incapace di riconoscenza.

Ti pagheranno tanto, ma te lo guadagnerai.

29 Maggio 2010 at 06:31 Lascia un commento

Ripensando a Violetta

Giorni fa ho dato una mano ad una cara amica ad allestire un saggio scolastico basato sulla ‘Traviata’. E’ stata l’occasione per rivisitare l’opera verdiana nella versione cinematografica di Franco Zeffirelli (1983), da cui sono tratti gli spezzoni che compongono lo spettacolo. Violetta è una deliziosa Teresa Stratas (che aveva allora 45 anni molto ben portati) ed un prestante Placido Domingo (allora quarantaduenne) interpreta Alfredo.

La cosa mi ha indotto a qualche considerazione.

Anzitutto sul film. Non sempre il cinema di Zeffirelli mi piace, ma qui credo che il bizzoso regista sia ai suoi vertici, anche come ispiratore delle sontuose scenografie che gli valsero la candidatura all’Oscar. La Stratas e Domingo, oltre ad essere grandi cantanti, sanno essere eccellenti attori della trasposizione cinematografica, che presenta anche altri interpreti di valore. Nel video il colpo di fulmine tra i due protagonisti e il celebre “brindisi”.

Violetta – va detto – è alquanto sfigata: alla tisi si aggiunge l’infelicità in amore, provocata dallo spropositato perbenismo di Giorgio Germont, il padre di Alfredo, che le impone di lasciare suo figlio perché la relazione con Violetta – con la poco-di-buono-Violetta – avrebbe potuto nuocere al fidanzamento dell’altra sua figlia, la sorella di Alfredo. Alla faccia del bicarbonato di sodio!!! Immaginarsi oggi come sarebbe stata accolta una pretesa simile: come minimo una mitragliata di pernacchie…

Altra considerazione emersa da una discussione in famiglia: molte delle più note opere liriche, da Boheme a Manon Lescaut, da Tosca a Butterfly a Traviata, hanno per protagoniste donne – per così dire – di dubbia virtù. E a me è venuto di pensare che il tempo in cui stiamo vivendo, questi anni Duemila, riserva a simili figure femminili ben diversa sorte:  su amanti ed escort nell’Ottocento si scrivevano capolavori, oggi una come la D’Addario al massimo viene intervistata ad AnnoZero.

22 Maggio 2010 at 02:42 1 commento

Polanski: autodifesa e petizioni

All’epoca del suo arresto mi ero fatto una certa idea – che tuttora mantengo – circa l’intollerabilità del fatto che si fosse organizzata una petizione firmata da molti intellettuali per far sfuggire alla Giustizia chi si era macchiato di un grave reato  in virtù del fatto che fosse un artista geniale.

Oggi ho letto l’autodifesa di Roman Polanski e devo dire che, se ho capito bene e se quanto il regista afferma corrisponde al vero, egli sarebbe stato, invece, vittima di una specie di trabocchetto da parte del suo giudice americano.

Il che potrebbe riabilitarlo (almeno ai miei occhi), ma non smuove di una virgola il mio disaccordo verso i promotori di quella petizione che – a quanto sembra dallo scritto dello stesso Polanski – non potevano essere al corrente della “sua” verità in quanto egli ne parla oggi per la prima volta.

Nel frattempo mi è capitato di vedere il suo ultimo film, “L’uomo nell’ombra” e l’ho trovato un prodotto eccellente – specie lo si confronta con i film che vanno oggi per la maggiore nel misero panorama della cinematografia attuale – sia pure con un finale un po’… così.

A questo punto, una petizione la firmerei anch’io: ma non per la liberazione senza se e senza ma, bensì perché la Corte Suprema degli Stati Uniti riesamini la posizione del regista sulla scorta delle sue dichiarazioni odierne e faccia un po’ di chiarezza su un caso molto discusso e – a quanto pare – molto discutibile.

4 Maggio 2010 at 06:57 Lascia un commento

Roba da ridere!

Ho sempre pensato che sia ipocrita lamentarsi di chi ci governa. Chi ci governa è un furbetto, proprio come ciascuno di noi, o almeno di molti di noi, che siamo pur sempre il popolo di opportunisti insofferenti delle regole, sempre pronti a sfuggirle, descritto così bene da Alberto Sordi in tanti suoi film.

C’è stato però un fatto che – almeno all’apparenza – ha aperto un piccolo squarcio di speranza in questa mia convinzione.

Sul sito del Club della Libertà Italia  (che è un blog “ufficiale” del PdL) è stato proposto un sondaggio sul pasticcio PdL delle Liste regionali per Lazio e Lombardia.

Questo è stato l’esito:

Insomma, stando a questo sondaggio, ben 98  (e)lettori del PdL su 100 ritengono che le regole vadano rispettate, costi quel che costi, fosse pure la possibilità di votare il proprio candidato alle prossime elezioni regionali. Insomma sembra che si possa ancora sperare nella resipiscenza dei “furbetti”.

Il sondaggio sarebbe dovuto terminare alle ore 24 del 7 marzo, ma già da ieri non si può più parteciparvi: è stato chiuso prima della scadenza. Perché?

Questa la spiegazione riportata nel sito:

Care Amiche, cari amici,
Il sondaggio sulla presentazione delle liste del Popolo della Libertà proprio per l’assoluta trasparenza con cui lavoriamo sul sito, senza alcun filtro di moderazione, è nuovamente diventato facile preda di chi non aspetta altro per esternare il suo livore.
E’ di tutta evidenza che una consultazione nata per i nostri simpatizzanti difficilmente riuscirebbe a generare risultati così polarizzati (98% di contrari alla presentazione delle liste PDL) senza intromissioni. Questi accanimenti di persone evidentemente non della nostra parte politica, hanno però rischiato e rischiano di creare danni ben più gravi al nostro sito.
Per questo motivo abbiamo deciso di sospendere la pubblicazione del sondaggio. Era già successo con il SI B Day ed è successo nuovamente oggi.

Roba da ridere…

Sì, ma non quanto in questo video:

5 marzo 2010 at 06:25 Lascia un commento

Complicità

Complicità: si sente dire spesso che questo aspetto della vita di coppia (e, più in generale, della vita di relazione) è elemento essenziale per un buon rapporto interpersonale.

Mi è capitato di riflettere sul fatto che il termine “complice” è usato per definire un compagno di azioni delittuose, quindi di per sé contrarie al senso comune di giustizia. Quindi, se vi è complicità, questo vuol dire che ci si pone in un mutuo rapporto di assistenza nei riguardi di qualcosa che può, al limite, essere “non giusto”. Il che porta come conseguenza che l’altro stia dalla tua parte in ogni circostanza, direi soprattutto in quelle circostanze in cui commetti un errore.

Insomma, se stai dalla mia parte solo quando pensi che abbia ragione e mi sei contro quando pensi che io stia sbagliando, allora il tuo comportamento è molto più simile a quello di un giudice che non a quello di un “complice”.

18 dicembre 2009 at 05:10 5 commenti

Altre riforme della Giustizia…

Quando si parla di riforma della Giustizia è facile scatenare reazioni di parte. C’è chi la vede indifferibile per porre rimedio alle lungaggini che di fatto negano il “servizio” ai cittadini, c’è chi ritiene che l’unico motivo per cui la si vuole riformare è la salvaguardia dell’impunità per Berlusconi. Poi c’è pure qualcuno che considera l’argomento “intoccabile” come se i magistrati non fossero come tutti gli altri dipendenti statali e sul loro operato (di merito oltre che di produttività) non si potesse neanche discutere.

Ora spunta un annunciato disegno di legge che si propone di contingentare i tempi della Giustizia penale (solo per i reati la cui massima pena è inferiore a 10 anni) a sei anni (due per ciascuno dei tre gradi di giudizio). A me pare ancora troppo, ma è già meglio che l’infinito. So per esperienza che essere messi nel tritacarne del processo ti sconvolge la vita, facendoti perdere la serenità e un bel po’ di soldini. Che almeno si sappia che tutto questo potrà al massimo durare sei anni è già una mezza consolazione.

Ma, dopotutto, perché mai un cittadino onesto dovrebbe temere la Giustizia? Se le indagini fossero condotte seriamente e rapidamente, se il giudizio fosse indiscutibilmente equanime e rilasciato in tempi contenuti, l’ingresso da imputato in un’aula giudiziaria non dovrebbe preoccupare più di tanto. Il problema è che ormai in Italia sono pochissimi (l’ultima rilevazione parla di un misero 18%) ad avere fiducia nel funzionamento della macchina giudiziaria, proprio per quello che si legge in giro quasi ogni giorno. Ed anche, forse, perché persiste qui da noi la singolarità del fatto che i magistrati non vengono mai (o quasi mai) chiamati a rispondere degli errori che compiono nell’esercizio della loro funzione (inquirente o giudicante che sia), in questo perpetuando un privilegio unico nell’ambito delle categorie professionali che operano al servizio della collettività.

Qualcuno dirà che tanta sfiducia dipende anche dall’operazione di delegittimazione condotta sistematicamente da Berlusconi che grida ai giudici politicizzati: può anche darsi. Però bisogna considerare che un giudice che trasfonde il suo pensiero politico negli atti che compie in nome della Giustizia dà parecchio da pensare. E se ancora c’è qualcuno che ritenga che ciò non accade, basta che legga questo “manifesto” che ha tutta l’aria di un programma politico, reperibile sul sito di “Magistratura Democratica”, la corrente di sinistra dell’Associazione Nazionale Magistrati.

11 novembre 2009 at 08:13 Lascia un commento

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